Rinnovo grandi concessioni

È apparso questo articolo/lettera su Sondriotoday. Non so chi sia il sig. Marini, che tuttavia sembra che conosca bene  il settore idroelettrico. Il Comitato per la razionalizzazione delle linee alta tensione Valtellina – Valchiavenna ha predisposto una risposta. Pubblico sia l’articolo che la risposta, oltre ad un riepilogo delle concessioni scadute

Articolo:

“Forse non tutti riflettono su cosa rappresenti in Italia, ed anche ambito locale, il rinnovo delle concessioni idroelettriche scadute affidate a gestori extranazionali. Se ciò avvenisse la Valtellina diverrebbe terra di conquista di società anonime senza volto. Il legame identitario con il territorio è il fondamento su cui le nostre aziende idroelettriche (Enel e a2a, per restare in valle) investono nel lungo periodo, lo testimonia la direzione di A2A che la settimana scorsa ha rendicontato nella sede di Confartigianato Imprese di Sondrio le prestazioni ambientali, economiche e sociali effettuate in provincia, che nel 2022 assommavano a 70 milioni di euro.

Secondo diversi report l’Italia è la nazione con la più bassa autonomia energetica in Europa: l’energia prodotta da fonti del nostro territorio copre, infatti, poco più di un quinto (il 22%) del necessario. Le altre nazioni europee, invece, con giacimenti carboniferi e nucleare oltre alle rinnovabili, arrivano a coprire il 40% del loro fabbisogno energetico.

La Lombardia, a breve, si dovrà confrontare con il rinnovo delle concessioni in proroga, già scadute da anni e non più rinviabili oltre il 2023. La procedura per il rilascio delle nuove concessioni avverrà con gare aperte a tutti i competitor del grande business mondiale dell’energia. In Italia i diversi idro comitati, più realisti del re, sollecitano le Regioni – che hanno la titolarità dell’idroelettrico – a mettere a gara in tempi brevi le concessioni scadute.

Viceversa, in Europa il settore energetico viene sottratto alla concorrenza con provvedimenti ad hoc, essendo l’energia un elemento strategico irrinunciabile per la sovranità di ogni Stato dell’Unione. L’Italia è l’unico Paese ad avere effettuato un’ampia apertura delle concessioni idroelettriche in un contesto di non reciprocità all’interno della comunità europea. L’archiviazione delle procedure sanzionatorie nei confronti dell’Italia da parte della Commissione europea ne è la dimostrazione. Chiediamoci, dunque, questo: ci sarà una ragione per non sanzionare? Dobbiamo dire, a questo punto, che ogni Nazione ha una propria strategia energetica a livello mondiale, ma con la tutela in primis delle risorse sul proprio territorio. Si veda la Francia contro ENI in Libia, ma anche la questione annosa dei ri-gasificatori Gnl che dalla Spagna avrebbero fornito con un metanodotto le utenze italiane e le centrali termoelettriche a gas russo-dipendenti. Il risultato quale è stato? È triplicato il costo kw/h, sono rimaste chiuse per mesi le nostre industrie energivore e sono state messe in difficoltà le famiglie con il pagamento delle bollette.

Mi chiedo, pertanto, di quale concorrenza stiamo parlando in Europa se in Francia sono operativi 58 reattori elettronucleari (uno ogni milione di abitanti), mentre in Italia l’unica energia che non acquistiamo è quella idroelettrica che, a differenza delle altre rinnovabili (eolico e solare), la possiamo accumulare stoccando l’acqua nelle dighe. Con queste premesse mi domando se la concorrenza possa essere l’unico parametro di valutazione per il rinnovo delle concessioni idroelettriche.

La concorrenza in questione avrebbe, dunque, solo una valenza economica con eventuali maggiorazioni dei canoni fissi e sovra canoni variabili per gli enti locali? Oppure l’idroelettrico è anche la base dell’indotto di una storica catena di valore industriale dell’ elettromeccanica italiana esportata nel mondo? Nel convegno sul tema idroelettrico tenutosi a Sondrio, nella sede della Banca Popolare, con il pressing dei relatori sulla Regione affinché proceda con i bandi, si è sorvolato però, sugli argomenti descritti sopra; non così è stato fatto dal Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, COPASIR. La Regione Lombardia ha emanato una legge che regolamenta come bandire le gare di evidenza pubblica, e la stessa Regione avvierà la fase negoziale nell’individuare i contraenti interessati alla conduzione delle dighe e centrali idroelettriche.

Dopo la deliberazione a contrarre, l’eventuale aggiudicatario, prima di stipulare un contratto, vorrà conoscere il “Quantum” che deve all’attuale conduttore per gli investimenti strumentali e strutturali non ancora spesati con gli ammortamenti. Nel caso concreto, per restare in Provincia, mi riferisco alle concessioni scadute in Valtellina:

1) idroelettrico ex AEM ora A2A di (Premadio – Grosio – Grosotto – Lovero – Stazzona);

2) idroelettrico ex Falk, ex Sondel, ex Edison ora E.d.F Electricitè de France di (Venina – Armisa – Belviso – Codera).

Va detto che questi impianti di produzione sono alimentati da serbatoi c.d. dighe che essendo state costruite in tempi successivi hanno scadenze concessionarie diverse. È verosimile assistere prossimamente a contenziosi legali che si trascineranno per decenni fra tribunali civili, amministrativi e organi giurisdizionali superiori in quel di Roma; date le premesse, non vedo i vari competitor “sgomitare” per accaparrarsi il tesoro idroelettrico. Nel convegno sondriese si è ipotizzato che se venissero messe le concessioni sul mercato con una gara competitiva, gli introiti per gli enti locali potrebbero raddoppiare dai 50 milioni attuali ai 100 futuribili, come, a detta dei relatori, è avvenuto nella Provincia autonoma di Bolzano. Il paragone con la provincia di Bolzano, però, non regge e non è sovrapponibile con l’idroelettrico valtellinese. La Provincia di Bolzano, essendo autonoma, come noto, legifera sulle materie di sua competenza delegate dallo Stato, di cui fa parte il settore idrico. Si aggiunga il fatto che la Provincia sud-tirolese, educata dall’Austria, ha un rapporto diverso con il territorio montano, tant’è che avendo una estensione doppia di quella valtellinese produce mediamente gli stessi G.kw/h (miliardi Kw all’anno). Lo sfruttamento della risorsa idrica in Alto Adige è del 42% sul potenziale – rispetto alla “coltivazione intensiva” valtellinese del 90%: lì la tutela dell’ecosistema e del paesaggio fluviale e  lacustre è, di fatto, un dogma istituzionale.

In conclusione, leggo che la nuova norma sulle concessioni, che a breve verrà emanata dal Governo, darà la possibilità alle attuali concessioni scadute di essere rinegoziate con la Regione dagli attuali titolari (in Valtellina A2A, EdF, Enel fra 6 anni) che dovranno, per ottenere il rinnovo, effettuare investimenti per migliorare l’efficienza delle centrali ed anche la conservazione strutturale delle dighe valtellinesi oramai al capolinea, poiché hanno una vita residua di esercizio limitata dall’inevitabile degrado per lo scorrere del tempo. E ciò nonostante la Commissione Garante della Concorrenza europea abbia archiviato la procedura di infrazione verso 8 nazioni che, con raggiri normativi, proteggono dalla concorrenza il loro idroelettrico.

Al contrario i nostri intrepidi idro comitati, che si battono per l’idroelettrico “free”, si affidano, inconsapevoli del danno, alla classica teoria economica de <<la concorrenza è la Mano invisibile del mercato, l’incontro dell’offerta e domanda stabilisce il prezzo più vantaggioso>>. Da perdenti ci si augura che quella mano non diventi un pugno, in questo mondo sempre più piccolo e globalizzato.”


risposta

“Gentile redazione,

 abbiamo letto con attenzione la lettera del Sig. Silvano Marini il quale, riprendendo peraltro – con sorprendente concordanza – argomenti già più volte presentati dalle società titolari delle concessioni scadute, esprime i suoi dubbi sull’opportunità di svolgere le gare di rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche.

Ci permettiamo di confutare le sue opinioni, basandoci su fatti oggettivi ed esperienze reali e iniziando dalla immotivata paura degli operatori stranieri, che sarebbero pronti a invadere il nostro Paese e la nostra Valle.

Quando nel 1999 il decreto “Bersani” liberalizzò, tra l’altro, il settore elettrico obbligando l’ex-monopolista ENEL a vendere parte dei suoi impianti (trasferiti in tre aziende create ad hoc) molte aziende europee parteciparono all’acquisizione di tali impianti (anche idroelettrici): la spagnola Endesa, la tedesca EOn, l’austriaca Verbund, la belga Electrabel. Notate che – al tempo – l’ingresso di operatori stranieri fu molto lodato, perché dimostrava la capacità dell’economia italiana di attrarre investimenti dall’estero!

Tutte queste aziende hanno lasciato l’Italia in un decennio o poco più, a dimostrazione del fatto che il nostro mercato e i nostri processi autorizzativi sono difficili e di scarsa soddisfazione. Una conferma sulla scarsa attrattività dell’Italia per i giganti dell’energia mondiale venne, undici anni dopo nel 2010, dalle gare bandite dalla Provincia di Bolzano (unica finora in Italia) dove non partecipò alcun operatore straniero.

Il rischio delle invasioni barbariche che fanno scempio delle nostre concessioni appare dunque del tutto trascurabile ed è stato completamente annullato dal Governo Draghi che, dopo il parere del Copasir citato dal Signor Marini, ha allargato anche alle concessioni idroelettriche il diritto di veto, il cosiddetto “Golden Power” che consente di impedire l’assegnazione delle concessioni a soggetti esteri.

Vi invitiamo anche a riflettere sui seguenti fatti oggettivi.

L’unico operatore straniero di rilievo in Italia è l’azienda di stato francese EDF, che controlla la Edison dopo averla scalata in borsa. Edison ha tutte le concessioni scadute o a breve scadenza; dunque, lo “straniero” non ha interesse a fare le gare, bensì proprio il contrario.

CDP Reti, la società pubblica che controlla Terna (rete elettrica nazionale), Italgas e SNAM (rete gas nazionale), dunque aziende ben più strategiche di una qualche concessione idroelettrica, appartiene per il 35% a un’azienda controllata dal governo cinese e nessuno s’indigna o se ne meraviglia.

Tutti gli attuali concessionari sono ampiamente partecipati da fondi finanziari internazionali che condizionano fortemente le loro strategie: la loro italianità è quindi assai annacquata.

Quand’anche un operatore straniero dovesse aggiudicarsi una concessione, la clausola sociale gli imporrebbe per legge il mantenimento del personale e l’applicazione dei contratti nazionali, gli impianti idroelettrici non possono per principio essere trasferiti altrove, l’acqua continuerebbe a fluire nel fiume italiano e l’energia elettrica nella rete italiana.

Qual è allora il problema? La paura dello straniero è semplicemente uno spauracchio agitato da chi vuole tenersi le concessioni senza affrontare le gare.

I nostri comitati non hanno affatto il mito della concorrenza, né sono interessati a quale operatore si aggiudicherà le gare, sono invece impegnati a riscrivere le regole delle concessioni a favore del territorio. Il Signor Marini teme che ai “buoni” concessionari attuali, forti di un legame identitario con il territorio (cosa che ci permettiamo di mettere in dubbio, visti gli innumerevoli ricorsi presentati contro ogni provvedimento che colpisse i loro interessi; a nostro parere i concessionari uscenti hanno preso dal territorio, specie negli ultimi decenni, molto più di quello che hanno dato) subentrino “cattivi” nuovi concessionari anonimi e senza volto.

È proprio questo il punto a favore delle gare: noi non vogliamo che il rapporto tra i concessionari e il territorio sia una questione di bontà, generosità (più o meno interessata) o legame con il territorio, non vogliamo che – come nel medio evo – le nostre comunità debbano chiedersi se si stia meglio sotto la Francia o la Spagna (con salomonica conclusione “Francia o Spagna, purché se magna”…), non vogliamo che i nostri sindaci debbano andare a sollecitare o contrattare interventi a favore del territorio.

Noi vogliamo invece che i diritti del territorio – perché di diritti, secondo noi, si tratta – siano discussi con le nostre comunità e resi espliciti e vincolanti dai bandi di gara prima e dai contratti di concessione poi, in maniera che chiunque vinca sia tenuto a rispettarli. Siamo convinti che la legge della nostra Regione, pur migliorabile, assicuri che le gare non avranno solo una valenza economica, ma garantiranno invece una positiva ricaduta sul territorio.

Quanto al paragone con la Provincia di Bolzano, certamente l’autonomia di cui loro godono e una diversa cultura del territorio (diversità molto forte in passato, ma oggi non così radicale, ci permettiamo di non mitizzare i nostri vicini) è stata loro d’aiuto, ma questo non vuol dire che non possiamo seguire la loro strada, anche copiando quel molto che hanno fatto di buono e adattandolo alla realtà della nostra valle.

Un esempio recentissimo? A Bolzano è stata appena approvata una legge che proporziona i canoni al reale valore economico della produzione, prevede che i bandi impongano un livello minimo di risorse a favore dell’ambiente e destina il 5% dell’energia ai comuni interessati, al prezzo di costo, rendendoli così soci virtuali della nuova concessionaria. L’ennesimo esempio dei benefici che le gare porteranno alle nostre comunità.

Un ultimo inciso, non sappiamo se il Signor Marini conosca quante proroghe delle concessioni scadute sono state date negli ultimi quarant’anni: ben otto, pari a una proroga complessiva di oltre quarant’anni, che aggiunti ai sessant’anni di durata delle concessioni originarie vuol dire un secolo (con un record di 135 anni!), cioè una durata del tutto analoga a quella degli altri paesi europei.

Quarant’anni di proroghe che non sono serviti a lanciare piani d’investimento e rinnovo, tant’è che egli stesso scrive che gli impianti valtellinesi hanno una vita residua d’esercizio limitata. Riteniamo illusorio pensare che un ulteriore provvedimento di proroga possa portare benefici in questo senso, anche perché sarebbe inevitabilmente bocciato dalle Corti di Cassazione e Costituzionale, che ambedue si sono più volte espresse contro le proroghe. L’unico effetto di un simile provvedimento sarebbe di congelare le gare e le concessioni esistenti per un decennio, il che è esattamente quanto desiderano i concessionari uscenti e i politici a loro legati. Per la nostra valle, invece, sarebbe un autentico disastro.

Comitato per la razionalizzazione delle linee alta tensione Valtellina – Valchiavenna. “

Slide di Giovanni Curti

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