le utenze montane

acquaIl tempo è quasi scaduto ( il 28 luglio è l’ultimo giorno) per i Comuni, i quali devono definire in quale delle 6 tipologie rientrano le proprie utenze montane. Leggete la premessa qui sotto, tratta dal nuovo Piano d’Ambito (allegato 3 – utenze montane) e chiedete ai vostri amministratori cosa hanno deciso, se hanno già deciso, per la vostra utenza montana:

“In considerazione della morfologia dell’ATO di Sondrio che risulta essere interamente montano, si ritiene opportuno dedicare una regolazione apposita alle utenze site al di fuori dei nuclei permanentemente abitati comunque denominate (maggenghi, alpeggi, baite montane,…) L’ambiente montano è stato storicamente impiegato per la pastorizia d’altura, tipicamente nei mesi estivi. Tale attività, un tempo largamente diffusa in Valtellina e Valchiavenna, ha comportato la realizzazione di diversi nuclei abitativi a quote considerevoli, spesso anche superiori a 1.500 m s.l.m., oltre che il mantenimento di aree a prato, la cura delle vie di accesso e la manutenzione del bosco circostante. Oggigiorno tale attività è ancora praticata ma in misura minore rispetto al passato. In alcuni casi le vecchie abitazioni sono state trasformate in baite per la villeggiatura estiva, in altri casi sono ancora utilizzate per la pastorizia ma con tempi di permanenza inferiori, in altri casi invece si assiste a un abbandono progressivo del territorio che duole non solo per l’imbruttimento del paesaggio ma soprattutto per la mancata manutenzione. E’ per contrastare il naturale impoverimento del territorio montano che sono state sviluppate nel tempo diverse modalità di distribuzione dell’acqua. Con accordi e convenzioni diversi da Comune a Comune, a volte coinvolgendo direttamente i soggetti privati interessati, le Amministrazioni hanno ritenuto di agevolare la presenza dell’uomo in tali aree in quanto tale presenza comportava naturalmente una cura e un mantenimento dei luoghi ai quali difficilmente l’Amministrazione si sarebbe potuta sostituire. E’ con tale consapevolezza che oggi si ritiene di dover regolare anche tali casistiche….. Al fine di disporre quanto prima delle informazioni si chiede ai singoli Comuni di restituire i risultati delle elaborazioni all’Ufficio d’Ambito e a S.Ec.Am. S.p.A. entro tre mesi dall’ approvazione in Consiglio provinciale del presente documento.”

Interessante è a mio parere la casistica n. 2, denominata “condominio comunale”, dove si legge che ...il Comune ha facoltà di intestarsi il/i contatore/i. In tale caso SEc.Am. fatturerà al Comune la quota variabile del servizio prestato con tariffa per utenza pubblica mentre la fatturazione della quota fissa avverrà tenendo conto del criterio di utenza raggruppata. L’eventuale suddivisione dell’importo tra i singoli utenti sarà di competenza del Comune. In tale circostanza la responsabilità del gestore si ferma al punto di consegna, ovvero al/i contatore/i, e la responsabilità della gestione e manutenzione dell’infrastruttura a valle del punto di consegna è del Comune, salvo la stipula di accordi, anche onerosi, con il gestore d’ambito stesso. E’ applicabile il criterio di stagionalità qualora ne ricorrano i requisiti …Si segnala  l’opportunità di valutare, all’ interno di ciascun Comune, se possano ricorrere le condizioni per l’implementazione dell’  istituto del “baratto amministrativo”  che permetterebbe ai Comuni di non rivalersi economicamente sugli utenti delle aree montane a condizione che prestino attività di manutenzione del verde pubblico connessa all’accessibilità alle infrastrutture idriche.

A mio avviso sara però difficile che un Comune, in una sua    località montana, dove la martellante pubblicità ha “consigliato” all’utente per anni di installare a proprie spese  il singolo contatore dell’acqua,  si intesti  ora il contatore, creando in questo modo “disparità” di trattamento tra gli utenti. A meno che, ravvedendosi,  restituisca agli utenti  quanto questi hanno già pagato all’idraulico e a Secam per l’installazione del contatore.

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